Queyras: una terra paradisiaca dietro l’angolo

“Conosco bene il vostro paese per avervi soggiornato già diverse volte. E tuttavia sono sorpreso di apprendere qualcosa di nuovo ogni volta che ritorno, come se il Queyras fosse un nido di misteri che non si svelano mai tutti insieme la prima volta. Un territorio che custodisce le tracce degli sforzi sovrumani delle genti che vi vivono e che hanno saputo adattarsi alla rudezza imposta dal clima e dalla geografia”.

Saint-veran-paesaggioraft-in-QueyrasMontagne-Queyras

Così si esprime uno dei  protagonisti del romanzo moderno di un artista che ha scelto il  Queyras quale sua residenza. “Sous le soleil d’Astarté”  Voyage pittoresque en Queyras, di Stéphane Simiand, pur essendo ambientato nel XIX secolo,  è un modo con cui l’autore vuole  introdurre alla conoscenza del territorio, alle leggende che qui aleggiano,  ai personaggi che lo hanno attraversato. Ed è senza dubbio  sorprendente come un territorio ancora così intatto, dove la natura si manifesta in modo potente, sia così relativamente vicino alle aree più urbanizzate. Non siamo in un parco oltreoceano, ma a qualche centinaio di chilometri dal confine col Piemonte, nel parco naturale regionale del  Queyras, un  territorio che si può definire a ragione ancora incontaminato, nelle  Hautes-Alpes, nel sud-est della Francia. Il Parco regionale del Queyras è un’oasi protetta dove si possono praticare diverse attività sportive ma anche semplicemente abbandonarsi alla contemplazione di un paesaggio dove, i pochi residenti,  hanno imparato a convivere con rispetto con ciò che li circonda.  Se l’inverno qui regala sensazioni magiche, d’estate  la natura si accende con un tripudio di fiori colorati. Il  parco, che conta otto villaggi rurali, annovera 2500 abitanti che vivono per lo più di turismo, pastorizia, piccole attività commerciali. Ma il turismo  da queste parti è un’attività che deve conciliarsi necessariamente con uno sviluppo sostenibile, col rispetto della flora e fauna che risiedono sul  territorio.

Sculture-fatte-in-Queyras
Sculture-fatte-in-Queyras

Qui sono ancora le stagioni a imporre i propri ritmi all’uomo. E, come un tempo, si deve essere pronti ad adattarsi e reinventarsi in funzione delle necessità. Un esempio della poliedricità dei queyrasiennes  è dato dallo stesso artista Stéphane Simiand, citato prima. Fine narratore, autore di numerose pubblicazioni, è allo stesso tempo intagliatore, accompagnatore alpino, illustratore, pittore. Vanno senz’altro visitate  anche alcune camere allestite per eventuali viaggiatori, dall’arredo rustico molto suggestivo nella sua abitazione ad Abriès. Aggirarsi nella sua casa-atelier aiuta probabilmente ad afferrare il “genius loci” di questo angolo incuneato tra Francia e Italia, sorprendente e allo stesso tempo misterioso.Provenendo da Briançon il tour potrebbe iniziare proprio dal delizioso villaggio di Abriès, all’estremità orientale del parco,  dove si possono trovare strutture ricettive semplici ma funzionali e praticare una infinità di attività all’aria aperta. Il villaggio, che si estende dai 1550 ai 2450 metri, è ideale per escursioni. Da qui si può partire per avvistare esemplari di camosci e gustarsi poi al rientro, un buon piatto, presso uno dei numerosi rifugi. Vale la pena inoltre far sosta presso La Maison du Costume piccolo museo che raccoglie diversi esempi dell’abbigliamento di un tempo delle genti di questi luoghi e dove si organizzano periodicamente  corsi di pizzo al tombolo.

Tamburo-fatto-a-mano-in-Queyras
Tamburo-fatto-a-mano-in-Queyras

Allontanandosi di qualche chilometro, si può raggiungere la piccola borgata di Le Roux, dove regna sovrana una calma apprezzata da chi proviene dalla città (per lo più da Marsiglia). Château-Ville-Vieille è invece il centro della tradizione artigianale. Per avere un’idea delle abilità degli artigiani locali, bisogna fare una sosta presso La Maison de l’Artisanat. Qui si trova di tutto: dalle lampade alle culle per bambini, dalle madie ai cesti e animali intagliati. Ma anche diversi prodotti alimentari del luogo, in particolare liquori alle erbe aromatiche, l’ottimo miele, formaggi. Dirigendosi verso la parte centro-orientale del parco, immerso tra foreste di larici, troviamo il villaggio  di Molines , nei pressi del Colle dell’Agnello, che conduce in Italia, caratterizzato da chalet che conservano l’architettura tradizionale. Da qui si raggiunge Saint Veran, il luogo di maggior attrazione turistica di tutto il Queyras, indicato  come il comune più elevato d’Europa. La sua area, infatti, si estende dai 2040 ai 2990 metri sul livello del mare. Circondato da  campi in fiore, il caratteristico borgo si sviluppa tutto in lunghezza. Questo per sfruttare al massimo, nei lunghi mesi invernali, la luce del sole. Nessun edificio, come si potrà osservare, fa ombra a un altro. Le sue case in legno, sono caratterizzate dal “fuste”, la parte inferiore in pietra, che si distingue  dal  “caset” la parte sovrastante dove trova ospitalità l’abitazione vera e propria. Per cercare di ricostruire la vita del passato, va inclusa una visita al  museo Le Soum, struttura seicentesca che si sviluppa su due piani, e che  restituisce la memoria di una vita dura, fatta di sacrifici per noi oggi inimmaginabili se, come si usa ricordare da queste parti, la vita era una lotta tutto l’anno “ 7 mois d’hiver et 5 d’enfer”  (sette mesi d’inverno e cinque d’inferno).

Formaggi-tipici-Queyras
Formaggi-tipici-Queyras

Dopo il periodo invernale, dedicato ai lavori all’interno delle abitazioni – tessitura per le donne e lavori di ebanisteria per l’uomo – con l’estate iniziava il duro lavoro nei campi e, per gli uomini questo significava spesso abbandonare la famiglia per cercare lavoro altrove o riuscire a vendere qualche manufatto. Insomma, una vita dura allora come dura è adesso per questi abitanti. Aiutati si dal carattere indomito a reggere ai rigori invernali,e  sostenuti probabilmente anche da una fede potente (qui, al tempo del Dauphiné, molti si schierarono a favore della Riforma), ma consapevoli, in fondo,  di convivere  di giorno con un paesaggio spettacolare, mentre al calar della sera, possono contemplare la volta celeste che si accende e brulica di migliaia di stelle.

Informazioni utili

Come arrivare: In Treno. Linea Torino-Lione, fino alla stazione FS di Sauze d’Oulx, dove si prosegue per Briançon e da qui con treno fino a Montdauphin Guillestre. Da qui servizio di autolinee (accertarsi presso l’ufficio del turismo per verificare gli orari delle corse). All’interno del parco, la navette de l’Escarton collega i diversi villaggi (servizio gratuito per i possessori della carte d’hôte). In Auto. Da Torino, direzione Sestrière/Monginevro fino a Briançon, poi proseguire per Guillestre, la porta del Queyras (Colle dell’Izoard e il Colle dell’Agnello sono generalmente chiusi da ottobre a maggio, in relazione all’innevamento).

Quando andare: Tutto l’anno

Lingua: Francese. (Diffuso e compreso l’italiano)

Suggerimenti: Il Parco Naturale Regionale del Queyras è un territorio che si sviluppa dai 1.350 ai 2.900 metri di altitudine, che si presta sia alla pratica degli sport invernali che estivi. Se d’inverno vi si pratica lo sci alpino e di fondo (il Queyras è il terzo territorio per estensione in Francia per la pratica dello sci di fondo), d’estate si trasforma in un vero paradiso per escursionisti. Rafting, biking, passeggiate a cavallo sono solo alcune tra le molte possibilità.

Dove dormire: L’offerta ricettiva è varia e ben distribuita su tutta la superficie del parco: 9.225 i posti letto disponibili distribuiti tra 3 hotel ***, 14 alberghi **, 2 * hotel, residenze private, villaggi vacanze, 8 rifugi e 1 campeggio.

Curiosità: Le comunità del Queyras e della Val Varaita nel XIV secolo, costituirono la Repubblica degli Escartons (da escartonner, dividere), primo esempio di confederazione repubblicana, ispirandosi a principi di solidarietà, fatto del tutto inedito per l’epoca. Da ricordare che le due valli condividevano anche la stessa lingua occitana (la lingua dei troubadours). Nel Queyras si contano fino a 70 meridiane (cadrans) sulle facciate di edifici pubblici e abitazioni. Molte quelle realizzate dallo gnomonista italiano Giovanni Francesco Zarbula (GFZ), caratterizzate da colori particolarmente vivaci.

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