Racconto viaggio in Messico

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6 Settembre 1997 Finalmente si parte. Sono le sei di una tiepida mattina e mentre tutti sono tornati dalle vacanze noi stiamo per cominciare le nostre, rese ancora più belle dalla lunga attesa e dall’invidia di chi appena tornato non ce la fa più e vorrebbe ripartire. L’aereo decolla puntualmente alle nove dalla Malpensa con destinazione Cancun – Messico.

C’è eccitazione per questo viaggio che io e gli altri tre amici abbiamo programmato da tempo, cartina alla mano, prenotando solo l’auto per quindici giorni ed un albergo a Cancun solo per la prima notte. Abbiamo in programma un giro di quasi quattromila chilometri da compiersi in sette giorni e infine rientrare a Cancun per godersi una settimana di completo riposo. Il viaggio nonostante la durata di undici ore non è per nulla pesante, film, spuntini, lettura e musica rendono tutto abbastanza piacevole. In occasione dello scalo all’aeroporto di Camaguey a Cuba abbiamo modo di apprezzare dall’alto uno scorcio di questa bellissima isola ed entrare in contatto con l’efficienza dei militari cubani. In un remake un po’ sbiadito di fuga di mezzanotte, riscontrando un passeggero in più tra quelli che sono saliti per far rientro in Italia, bloccano armi in pugno l’aereo per quasi un’ora. Si tratta ovviamente di un equivoco dal momento che i loro controlli vengono fatti a mano. Si riparte.

All’atterraggio a Cancun grandi nuvoloni all’orizzonte fanno pensare ad un temporale appena finito e ci vengono in mente le parole di una canzone che fa: “Messico e nuvole….”. Il caldo, ma soprattutto l’umidità sono pazzeschi. Anche qui ci sono militari armati fino ai denti con certe facce da far paura, poi però quando ti aspetti controlli severissimi scopri che tutto quello che devi fare è schiacciare un bottone all’uscita; se suona ti fanno aprire i bagagli altrimenti passi liberamente, come fosse un gioco. Cambiamo un po’ di soldi e la ragazza graziosa dell’ufficio, mi riempie di bigliettoni che manco ci stanno nel portafoglio. All’uscita dall’aeroporto ci aspetta la guida che ci porta all’autonoleggio. Lì come era prevedibile scopriamo che le valigie non entrano tutte nel bagagliaio. Dopo un’ora di discussione, e diversi tentativi con altri modelli, finalmente riusciamo nell’impresa con l’auto più grossa del posteggio. E’ una Oldsmobile Courtlass GM 3100 di cilindrata, ci costa 25 dollari di supplemento al giorno e date le dimensioni non ci farà certo passare inosservati.

Dopo una ventina di minuti arriviamo alla cosiddetta “Zona Hotelera” di Cancun, ovvero una lingua di terra che si affaccia sul bellissimo mar dei Caraibi. Qui gli americani hanno costruito alberghi che per forme e dimensioni sembra abbiano lo scopo di stupire l’occhio del turista facendo a gare l’uno con l’altro per ottenere la palma del più originale. Per un errore del nostro Tour Operator, per non fare nomi: “Alpitour” il nome dell’albergo scritto sul voucher non corrisponde a quello effettivamente riservatoci. Perdiamo così altro tempo che ci allontana sempre di più dal tanto agognato bagno che per il caldo soffocante diventa ora quasi bisogno fisico.

Troviamo l’albergo giusto, una scala mobile ci conduce direttamente alla reception sotto un’enorme chiosco costruito con enormi travi in legno. Preso possesso delle stanza, dotate di tutti i comfort infiliamo il costume e ci fiondiamo in acqua quando il sole ormai non c’è più. La sabbia è bianchissima e l’acqua è talmente limpida e pulita che sembra di nuotare in piscina, se non fosse per i pesci che vengono a riva in cerca di cibo e per la temperatura. E’ davvero stupendo.

07 Settembre 1997 Dopo un’abbondante colazione facciamo un giro per l’albergo e decidiamo all’unanimità che è lì che torneremo per ritemprarci dal viaggio. Guido io e dopo soli cinque minuti, quando siamo ancora nella “Zona Hotelera” siamo fermati da un’auto della polizia che sopraggiunge alle nostre spalle,: “Accostare por favor” grida l’altoparlante. Mi vogliono portare in centrale per eccesso di velocità. Dopo animate discussioni, tentativi di corruzione e vari li convinciamo ad una multa di N.P. (sta per Nuovo Peso) 300, l’equivalente di 66.000 lire. La cassa comune si è già alleggerita e Vi risparmio gli sfottò degli amici anche a distanza di tempo.

Prima tappa: Tulum, a poche decine di chilometri da Cancun è uno dei più rinomati siti archeologici dello stato del Quintana Roo. Il luogo è talmente affascinante che la foto del “Castillo” che troneggia sullo sfondo del mar caraibico è presente su tutti i depliant e guide turistiche del Messico. L’acqua nella quale viene naturale rinfrescarsi è bella ma altrettanto pericolosa, un turista infatti scopre all’uscita di non trovare il marsupio contenente portafoglio e documenti di viaggio e d’identità, lasciato incautamente incustodito. Chissà come se la sarà cavata. Ci fermiamo a mangiare lì dove ci sono tra l’altro molte bancarelle e negozietti con le classiche cianfrusaglie per turisti.

Tulum

Si prosegue, la strada è meglio di quanto ci si aspettasse a tratti perfino noiosa, non passano molti mezzi e c’è una fitta vegetazione sia a destra che a sinistra. Ogni tanto cartelli indicano l’approssimarsi di centri urbani contraddistinti dai “topes” ovvero dossi artificiali molto più alti di quelli che siamo abituati a vedere e che ci costringevano dato l’alto peso a superarli con molta attenzione per non rischiare di sfasciare l’auto in mezzo al nulla. Si perché i centri urbani per la maggior parte non sono altro che un insieme di baracche e danno l’idea della povertà in cui versa la maggior parte di questo paese.

Arriviamo a Chetumal a pomeriggio inoltrato dopo 380Km . Di questo posto sapevamo solo che è la capitale dello Stato del Quintana Roo e dato che è situata sul mare ci si aspettava avesse attrattive per i turisti. Invece sembra che gli unici turisti siamo noi, giriamo a passo d’uomo alla ricerca di un albergo e sembriamo dei narcotrafficanti che stanno cercando il posto adatto per qualche attentato. Alla fine ci sistemiamo al “El Cedro”. Il costo di una camera per quattro è di NP 170, l’equivalente di 9.000 lire a testa. Una scemata, però a ben guardare, il posto non è pulito, non ha la finestra e il condizionatore lo si deve spegnere perché fa un gran casino e basta. Sotto c’è un negozio di scarpe che per la musica ad alto volume pare una discoteca. Chissà se domani troveremo ancora la macchina.

La sera mangiamo niente male in un ristorantino lì vicino e poi dopo un giro in piazza dove c’è una grande festa si torna a goderci un po’ di riposo.

08 Settembre 1997 Partiamo alle 08.00 dopo aver fatto colazione nello stesso posto della sera prima e dopo aver fatto benzina al potente mezzo.

Proseguiamo per una strada interna, non molto bella, facendo tutta una tirata fino a Escarcega dove ci fermiamo a mangiare. Il paese mi ricorda il vecchio West. Confinante con il Ciapas sembra quasi un ultimo avamposto prima di entrare in quella regione ribelle e leggendaria. Mangiamo per un totale di NP 120, devo dire alquanto male. Decidiamo di fermarci a dormire a Emiliano Zapata, che sembra essere il paese più grande e ci arriviamo verso le quattro dopo 460 Km. Pregustiamo una cena coi fiocchi e una dormita in un posto decente. In città scopriamo di essere probabilmente gli unici turisti e per la carenza di infrastrutture fatichiamo a trovare una sistemazione. Troviamo l’albergo “El Roco” qui scendo io a vedere la stanza e dopo averne scartata una che puzzava opto per una che almeno ha la finestra ma che per il resto non è molto meglio di quella della sera prima.

Usciamo a mangiare e dopo quattro passi che ci hanno fatto venie ancora più fame torniamo in quel ristorante proprio sotto il nostro albergo che non ci ispirava molto. Lì sembriamo atterrati in una scena da film di Fantozzi. Il padrone e sua moglie, due giovani, sono tra il divertito ed il preoccupato perché noi siamo i loro unici clienti quella sera, e forse anche i primi. Dopo qualche trattativa capiamo che l’unico piatto del giorno è il: “Cocktail de Camarones” ovvero cocktail di gamberetti. Ci vengono offerti accompagnati da una cannuccia e cucchiaino in un bicchierone da gelato, lì vediamo i gamberetti nuotare in un intruglio dal colore non identificabile. Mangiamo tutto, tra lucertoloni che passeggiano sui muri, con la certezza che il giorno staremo male. Dopo un giro per digerire la lauta cena ci accorgiamo che in città non c’è assolutamente niente e andiamo a dormire.

09 Settembre 1997 Partiamo poco prima delle 07,00, non vedendo l’ora di lasciare questo postaccio. Dopo una quarantina di km. arriviamo a Palenque famoso sito archeologico Maya nello stato del Ciapas. Eravamo convinti di trovare solo ruderi invece c’è un bel paesino pieno di negozietti, pensioni, locali e un gran numero di turisti. Ci viene da morderci le mani al pensiero che abbiamo dormito a poca strada da qui, l’avessimo saputo prima…. Ci consoliamo con una rigenerante prima colazione.

Stiamo per finire i soldi, cerchiamo una banca e scopriamo che delle lire che ci siamo portati dall’Italia non se ne fanno nulla. Quindi dobbiamo stringere i denti e stare attenti a non scialacquare troppo. Le rovine sono molto belle, fa un gran caldo ma lo spettacolo vale veramente la pena di essere visto. La cosa che ci ha più colpito è la stranezza di queste costruzioni e il fatto che siano immerse in una foresta che sembra sul punto di riprendersi tutto. A casa dopo aver letto alcuni libri scopro cose incredibili su questo posto e sulle leggende che lo circondano ma anche sulle capacità dei Maya che milioni di anni fa erano capaci di cose impensabili. Anche qui ci sono bancarelle per turisti, ma da alcuni indios è possibile acquistare per pochissimo prezzo originali manufatti a prezzi bassi che avremmo voglia di comprare in blocco anche per la simpatia e il garbo di questa gente molto umile.

Palenque

Si parte, e dopo una mezzora di macchina in mezzo alla foresta raggiungiamo la nostra prossima tappa: Agua azul. Questo è il nome che viene dato alle cascate la cui acqua è di colore azzurrino. Il posto merita davvero una visita e i più coraggiosi possono fare anche un bel bagno.

Mangiamo e poi si parte subito per la volta di S.Cristobal de las Casas, capitale dello Stato del Ciapas. Ci vuole parecchia strada, e ci si arriva attraverso una strada che sale e ci porta fino ad un monte, in un paesaggio simile alle nostre alpi dove piove e fa freddo e la nebbia contrasta con i colorati abiti degli indios. Arrivati in cima si scende, diminuisce la nebbia ma non la pioggia e il freddo. Sembra di essere a Livigno. La città è davvero bella le case sono colorate e ci sono parecchi posti dove andare a mangiare o passeggiare. Ci riesce anche nell’impresa di cambiare i nostri soldi ad un cambio buono e così ci togliamo un peso.

Per caso troviamo un albergo che è una cannonata, il costo è di NP 550 ma decidiamo che va bene così, dopo due stamberghe questo è quello che ci vuole. Completamente in legno e di gusto raffinato come il suo nome: “La Catedral”. Facciamo un giretto in centro e sotto i portici gli indios ci assalgono per venderci la loro mercanzia acquistiamo quello che possiamo e poi torniamo in albergo dove facciamo una cena coi fiocchi. Oggi è stata decisamente una bella giornata.

10 Settembre 1997 Partiamo alle 08,00 dopo un piccolo giro al mercatino di S.Cristobal dove facciamo gli ultimi acquisti e conveniamo tutti che sarebbe stato bello fermarsi ancora almeno un giorno. Proseguiamo in direzione di Tuxla Gutierrez moderna città di circa 170.000 abitanti in cui si arriva dopo qualche ora. Ad una ventina di Km. c’è il canyon “El Sumidero”, dal ponte dove sostiamo c’è uno strapiombo di 1000 metri sul fiume Usumacinta. Qui si possono fare diverse escursioni che noi però per mancanza di tempo decidiamo di non fare e così ripartiamo.

Ci fermiamo a mangiare in un posto sulla strada che pare un garage, il conto è basso come la qualità del cibo. Nel pomeriggio dopo aver percorso Km 420 arriviamo a Salina Cruz. Il viaggio è stato il peggiore, attraversando le montagne un lungo tratto di strada era pieno di grosse buche che ci costringevano a zigzagare rallentando la nostra tabella di marcia, poi dei lavori in corso ci hanno fatto stare fermi per oltre mezz’ora. La strada poi diventa dritta ma molto trafficata, soprattutto da enormi camion, più ne superi (con tutte le difficoltà del caso) e più te ne ritrovi davanti. E’ per questo che decidiamo che conviene accorciare il nostro giro evitando di proseguire sino a Puerto Escondido come era nei programmi iniziali, risparmiando così uno o due giorni di viaggio.

Salina Cruz è una città abbastanza grande affacciata sull’oceano Pacifico ma è allo stesso tempo una città bruttissima. Sulla costa è un cantiere navale unico e praticamente il mare non si riesce nemmeno a vederlo. Solo prendendo una strada in salita troviamo un varco che ci porta direttamente in un paesino dove possiamo finalmente vedere il mare. Fatichiamo a trovare l’albergo, ancora ben impressionati da quello del giorno prima decidiamo di non accontentarci di una bicocca e quindi andiamo in quello “migliore della città” l’Hotel Lena Rosa dal costo di NP 350 per una camera da quattro.

Mangiamo al ristorante sotto l’Albergo, non bene, e fa un gran caldo. Questa non è stata decisamente una bella giornata.

11 Settembre 1997 Questa volta la partenza è le 09,00 perché la stanchezza comincia a farsi sentire. Prendiamo una strada interna che ci porterà a Coatzacoalcos dall’altra parte sull’oceano Atlantico. Ci arriviamo verso l’una del pomeriggio su strade comunque trafficate ma più belle di quelle di ieri. Il paesaggio è nuovamente cambiato, qui è maggiore la presenza di agricoltura e piantagioni.

La città dal nome impronunciabile dove avevamo in programma di fermarci a dormire per goderci un po’ di riposo al mare non è molto bella come del resto mare e spiaggia. Decidiamo di mangiare e ripartire subito per Villhermosa capitale dello Stato di Tabasco di 260.000 abitanti. Arriviamo verso le 17,00 dopo aver percorso 506 Km. Scegliamo l’Albergo col maggior numero di stelle che sia situato anche in una posizione centrale così da non dover usare la macchina per uscire la sera.

Cominciamo ad essere un po’ stufi dell’auto avendoci passato la maggior parte del nostro tempo di questi ultimi due giorni. L’albergo prescelto: l’Howard Johnson è un 5 stelle ed è il più moderno tra quelli avuti sin d’ora. Le condizioni di salute del gruppo non sono delle migliori tutti chi più chi meno cominciano ad avere qualche problemino. Mangiamo al Vips che è una catena tipo Burghy e dopo facciamo quattro passi in centro.

La città anche in questo caso pur essendo più moderna e meno caratteristica di S.Cristobal. meriterebbe almeno un giorno di visita.

12 Settembre 1997 Facciamo colazione nello stesso posto dove abbiamo mangiato la sera prima e poi ci si mette in viaggio. Passiamo su un ponte lunghissimo costruito per evitare di girare intorno ad una penisola. Il paesaggio è molto bello e questo rende meno monotono il viaggio in auto, e questo è molto importante perché cominciano ad affiorare i primi segni di nervosismo.

Ci fermiamo a mangiare a Città del Carmen in un posto isolato sulla spiaggia. E’ davvero un gran bel posto e dopo aver fatto una lauta mangiata di pesce ci starebbero bene, in mancanza di meglio, un riposino ed un bel bagno in un’acqua che è molto invitante. Ripartiamo con uno sforzo notevole perché risalire in auto col caldo che fa e sotto il sole cocente non è impresa da poco.

Arriviamo a Campeche capitale dell’omonimo stato alle 17,00. La città, sul mare è carina e la cosa che mi ha colpito di più sono le case ben curate e dipinte con colori a pastello. Il mercato è pieno di gente. Arriviamo insieme ad un temporale che dura più di quelli dei giorni scorsi. Troviamo alloggio all’Hotel Halambrada che non vale i NP 360 spesi. Mangiamo in un ristorantino tipico messicano spendendo la misera somma di NP 110 e poi facciamo un giro per il mercato.

13 Settembre 1997 Di nuovo abbiamo il problema di cambiare i soldi, ma è sabato è tutto chiuso e quindi decidiamo di partire. Dopo qualche chilometro ci fermiamo a Edzna. Siamo gli unici turisti di quello che è comunque un bel sito archeologico e che io ho soprannominato Edzanzara. Qui subiamo un pesantissimo contrattacco che nemmeno i nostri più tradizionali ed efficaci antidoti riuscivano a contrastare. La domanda è: come fanno glia abitanti del luogo a resistere in simili condizioni? Oppure questi deliziosi esserini se la prendono solo coi turisti?

Più tardi, arriviamo a Uxmal altro rinomato sito archeologico maya. La piramide dell’indovino è una delle più belle e meglio conservate del territorio. I gradini sono molto stretti e ripidi e la salita mette a dura prova chi soffre di vertigini. Ma il difficile non è tanto il salire ma lo scendere e con il bel panorama che si gode da quassù questa è un’operazione che si tende a rimandare. Dall’alto si ha una veduta panoramica dei vari ruderi sparsi i mezzo alla foresta che vedi spuntare nel verde come tanti isolotti in mezzo al mare. Dopo varie foto e riprese a ruderi e iguana, mangiamo in un enorme chiosco all’interno di questo bel complesso e partiamo in vista della nostra penultima tappa: Merida.

Uxma, la Piramide dell’indovino.

Dopo pochi chilometri, in prossimità di un topes veniamo affiancati da alcuni ragazzini che vogliono venderci alcuni souvenirs, ad una nostra istintiva esitazione siamo praticamente assaliti da un’orda vociante che litiga per cercare di venderci ad un prezzo più basso l’oggetto che hanno in mano gli altri compagni, quello che sembra essere il capetto ci fa capire che lui non ha intenzione di venderci nulla e di non preoccuparsi…. che vuole solo i soldi, compriamo alcune cianfrusaglie e buttiamo in terra tutte le nostre monete per far allontanare i piccoli.

Arriviamo a Merida nel tardo pomeriggio ancora con l’incombenza di trovare da cambiare le lire e sistemarci per la notte. La città è molto bella quanto grande. C’è confusione e agitazione per una imminente festa popolare. Grazie all’aiuto di un poliziotto che ci conduce ad un ufficio cambi traviamo da soddisfare il nostro primo bisogno, a caro prezzo però, il cambio che ci fanno è da strozzini ed io mi sento in imbarazzo quando mi danno i Pesos proprio davanti al poliziotto che probabilmente una cifra del genere tutta in una volta non l’ha mai vista. Gli diamo la mancia.

Stavolta il giochetto di scegliere l’albergo più bello non funziona. Entriamo in uno supermoderno di venti piani, scopriamo che ha piscina, palestra e non so cos’altro incorporato e costa uno sproposito. Ne troviamo uno invece in pieno centro ad un prezzo accettabile NP.450. E’ l’Hotel Caribe del 1900 ed è arredato in stile, tanto che pare di essere tornati indietro nel tempo. Lì facciamo conoscenza con Josè un arruffone che ci guida per la città, ci fa entrare al palazzo del Governo e ci spiega come si vive dalle sue parti. Lo ricompensiamo con una mancia di NP 50. Ho come l’impressione di essere stato derubato, ma in fondo le sue spiegazioni ci sono state molto utili. Anche qui bisognerebbe dedicare almeno un giorno intero perché ci sono parecchie belle cose da vedere.

14 Settembre 1997 Partiamo da Merida alle 09.30. E’ l’ultimo giorno di viaggio e non vediamo l’ora di tornare a Cancun. Abbiamo visto un sacco di cose interessanti e indimenticabili ma ora non vediamo l’ora di poterci riposare qualche giorno senza dover fare centinaia di Km.

Facciamo tappa a Chichen Itza, che credo sia il sito archeologico più bello e visitato della zona. La piramide di Kukulcan è ben conservata e fa un’enorme impressione per gli ampi spazi vuoti intorno che ne risaltano ancora di più l’imponenza. Il cenote è un enorme cratere nella roccia pieno di acqua verdastra ed è lì sono state sacrificate centinaia di vite umane.

Chichen Itza, la Piramide di Kukulcan.

Dopo uno spuntino ci mettiamo in cammino per raggiungere Cancun. Arriviamo che è nuvolo ma fa ancora un gran caldo come quando siamo stati qui la prima volta. Mi sembra un secolo, invece sono passati solo pochi giorni. Torniamo all’albergo dove abbiamo trascorso la notte ma lì ci sparano una cifra spropositata, niente a che vedere con le 112.000 lire spese tramite agenzia. Cerchiamo qualcos’altro, ma più o meno la musica non cambia gli alberghi sono megagalattici e non ci si può stupire del costo. Per un gusto quasi sadico proviamo anche in quelli più grossi e lussuosi, ma veniamo sempre liquidati con un sorriso e con la frase di rito: “E’ todo completo”.

Quando ormai è sera e stiamo perdendo la speranza troviamo l’hotel Flamingo il prezzo in $ americani è l’equivalente di N.P. 1.884 per una doppia al giorno senza colazione (lire duecentomila a testa), lo prenotiamo per due giorni ed eventualmente se ci capita di meglio lo si cambia. Oggi abbiamo fatto 370 Km.

15 Settembre 1997 L’albergo è abbastanza raccolto, le nostre stanze sono al piano terra, quasi attaccate alla piscina che è praticamente situata nel centro del complesso. A pochi metri scendendo delle scale c’è la spiaggia. Il tempo non è dei migliori, i nuvoloni che avevamo visto al nostro arrivo si sono nel frattempo moltiplicati e diventati ancora più scuri e il sole che comunque scotta va e viene. La sabbia è bianchissima e l’acqua limpida, ogni tanto vediamo enormi pesci nuotare veloci fino a riva.

Nel pomeriggio andiamo a cambiare la macchina, la nostra cara e vecchia Oldsmobile ha esaurito il suo compito, adesso ce ne basta una più piccola e soprattutto più economica. Facciamo sia pranzo che cena da quello che ormai sta diventando il nostro ristorante messicano preferito cioè da Vips. E’ un posto pulito, si mangia bene e si spende relativamente poco, circa NP 300 meno di Lire 20.000 a testa.

La sera andiamo alla scoperta della Cancun by night. Dislocati nel raggio di pochi chilometri ci sono numerosi centri commerciali dove è possibile acquistare un’infinità di articoli che vanno da capi sportivi di marca ad oggetti per turisti il tutto da pagarsi rigorosamente in $ americani. Spopolano i ristoranti Italiani o meglio dire pseudo italiani di qualità inferiore rispetto ai nostri ma assai più costosi. Disco-Pub, bar, hard Rock Café e Planet Hollywod arricchiscono le possibilità di scelta di come trascorrere le serate.

16 Settembre 1997 Oggi, non trovando una sistemazione migliore e ormai stufi di continuare a fare e disfare le valigie prenotiamo le nostre stanze sino al termine della vacanza. I momenti di sole diventano sempre meno e bisogna approfittarne.

17 Settembre 1997 Decidiamo di andare a Cozumel. Il tempo non è dei migliori ma vale la pena di tentare. Seguiamo la strada fatta il primo giorno, decisamente però più trafficata. Cozumel dista circa 90 Km. da Cancun e per la bellezza e trasparenza dei fondali è una delle più rinomate isole della zona. Arriviamo verso 09,00 e facciamo colazione direttamente a Playa del Carmen dove dovremo prendere il traghetto per l’isola.

Qui capiamo di avere sbagliato ancora, perché è questo il posto dove dovevamo finire la nostra vacanza, grazie a prezzi decisamente inferiori rispetto a quelli di Cancun è una meta molto frequentata da turisti di ogni genere che possono godere comunque di infrastrutture di sicuro interesse e di belle spiagge.

Riusciamo a prendere appena in tempo il traghetto che sta per salpare e dopo circa un’ora di viaggio arriviamo. Il sole pallido ma riusciamo ad apprezzare lo stesso la limpidezza dell’acqua anche in prossimità del porto. Qui ci viene proposta un’escursione in mare. Per pochi dollari ci portano con una barca con il fondo di vetro a vedere la bellezza dei fondali ed in due punti ci fanno sostare per fare snolkeling, una nuotata con pinne, maschera e boccaglio. Nel frattempo il sole non c’è più e sulla barca durante gli spostamenti arrivano schizzi a non finire così che entrare in acqua o stare lì non fa differenza, il bagno lo si fa lo stesso. Purtroppo il tempo ci fa solo immaginare la bellezza di quest’acqua e i colori e le sfumature dei pesci che la guida riesce ad attirare verso di noi spargendo una speciale pastura. Nuotare qui è comunque un’esperienza unica, ma chissà come sarebbe stato bello con il sole.

Dopo circa due ore torniamo a terra soddisfatti che mai e cerchiamo un posto per mangiare. La città è davvero graziosa ed oltre a numerosi ristoranti e negozi ci offre anche il solito sgrullone d’acqua giornaliero. Al rientro un incidente, per fortuna non grave, blocca la strada principale per quasi un’ora, e diventa per noi quasi una lotta contro il tempo perché cerchiamo di arrivare prima del temporale che sta avanzando alle nostre spalle. Arriviamo a Cancun, dopo aver sbagliato strada, che ormai è buio e siamo nel mezzo di un temporale estivo che stavolta non finisce tanto presto come quelli precedenti.

18 e 19 Settembre 1997 Il mare in tempesta è qualcosa che mi ha sempre affascinato però non è auspicabile in un posto che ti costa 90 $ americani al giorno. Avevamo in programma una visita all’Isola delle donne di cui sentimmo parlare un gran bene ma questa salta ovviamente. Diventiamo così quindi assidui frequentatori dei lussuosi centri commerciali dove cerchiamo di spendere i soldi rimasti e usare la nostra carta di credito.

Ci resterà il tempo per un solo e ultimo bagno perché poi sarà un diluvio unico fino alla partenza e la temperatura scende notevolmente fino a farci sembrare di essere in un posto completamente diverso rispetto a quello in cui atterrammo meno di due settimane fa.

20 Settembre 1997 Ancora pioggia. Se non altro il tempo non ci fa pesare più di tanto il rientro in Italia. Alle 12,00 dopo aver fatto l’ultima colazione e preparato le valige lasciamo camera ed albergo. Riconsegniamo la macchina dopo aver fatto il pieno, cosa consigliabile per evitare di fare benzina al loro deposito dove chissà come mai costa molto di più. Paghiamo 25$ per gli otto giorni in cui abbiamo usato il macchinone e altre 3$ al giorno per il conducente aggiuntivo dopodiché arriviamo, in anticipo, all’aeroporto dove è prevista la partenza alle 16,50.

Non sappiamo se per il maltempo comunque ci ritardano la partenza alle 20,00 e l’attesa diventa interminabile. Scopriamo di dover pagare una tassa per uscire e quindi ci tocca cambiare altri soldi perché accettano solo valuta locale. Prima dell’imbarco vediamo i turisti in rientro da Cuba scesi per lo scalo. Non sono molto abbronzati segno che anche da loro il tempo non è stato eccezionale, noi non lo sappiamo ancora ma quello sarebbe stato il nostro prossimo viaggio.

Il volo anche al ritorno è piacevole, anche se l’atmosfera non è la stessa. Abbiamo trascorso una vacanza indimenticabile soprattutto per quello che abbiamo visto. In alcuni casi abbiamo pagato lo scotto del turista fai da te, che con la sola esperienza teorica si organizza un viaggio, comunque tutto sommato è andata bene lo stesso e resterà oltre che una bella esperienza anche un bellissimo ricordo.


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