Repubblica dominicana – un viaggio alle scoperta del meltin’ pot

La tradizione culinaria di un popolo deriva direttamente dalla sua storia ed è spesso frutto della mescolanza di varie etnie, culture e influenze: una vera e propria interpretazione e contaminazione in seguito ad apporti di natura non solo gastronomica. Un chiaro esempio di questa condizione è la cucina dominicana che si presenta come prodotto finale di un eterogeneo melting pot alla cui tavola si sono seduti gli indigeni Tainos, gli spagnoli, gli africani, gli haitiani, gli arabi, gli italiani e i cinesi. I migliori ingredienti da tutto il mondo sembrano confluire nei cibi dominicani partendo dal sancocho, parente stretto del piatto ispanico, che è una via di mezzo tra una zuppa ed uno stufato con yucca, patate ed aromi e arrivando alla bandera che si presenta con riso bianco, fagioli e carne: un piatto unico che rappresenta l’autentica espressione della tradizione culinaria del paese. Il contorno locale che accompagna sempre i pasti sono i tostones, ovvero fette di platano (una varietà di banana) fritte insaporite con sale, aceto e aglio che fanno coppia con gli yaniqueques: biscotti nati dall’impasto di farina di grano, acqua e sale. I sapori nostrani si innestano nel pastelon de platano maduro dove sul platano cotto al forno spicca il gusto del parmigiano reggiano, inoltre, l’orgoglio tricolore viene rappresentato anche da Alfio Loggio, giovane chef di talento. Il cuoco è riuscito a dare un significato moderno ai classici piatti autoctoni e le sue creazioni vengono servite al The Beach Club by Le Cirque a Casa de Campo. Le fragranze da andare a ricercare nel territorio dominicano non si fermano solamente a primi o secondi piatti ma ci sono altri elementi che meritano una considerazione quali caffè, cacao e rum. L’eccellenza nel caffè trova espressione ne El Cibao che possiede le seguenti peculiarità: varietà arabica, tipo altura, agricoltura biologica. Lungo le montagne del Caribe le condizioni atmosferiche favoriscono particolarmente la coltivazione conferendo un bouquet dal sapore fruttato con accenni di cioccolato e un retrogusto appena percepito di liquirizia. I sentieri ideati per seguire le tracce del modo antico di raccolta e produzione di questa pianta sono sei divisi in due itinerari ovvero la Ruta del Cafè Atabey e la Ruta del Cafè Jamao. In base alla scelta e al grado di difficoltà si cammina ad altitudini tra i 900 ed i 950 metri tra piantagioni e valli, a piedi o cavalcando muli. Ancora più interattiva e coinvolgente si dimostra l’esperienza del Sendero del cacao e una sensazione unica è quella suscitata dalla vista a perdita d’occhio dei 39 ettari delle piantagioni dell’Hacienda La Esmeralda García Jiménez: qui i fiori delle piante di cacao emanano un odore dolce e tenue come le tinte dei petali. Il climax del percorso si ha con l’interramento, da parte dei turisti, di una nuova pianticella per preservare il verde e con la partecipazione attiva al laboratorio per produrre il cioccolato: si può scegliere di cimentarsi nella fabbricazione indios tradizionale secondo la ricetta autentica, oppure seguire i dettami dell’azienda per poi finire mangiando fiumi di cioccolata calda. Ultimo elemento, stavolta liquido, da menzionare è il rum o, in rispetto dell’idioma locale, ron, infatti per i dominicani non si limita ad essere un liquore ma è quasi lo sbocco di una filosofia, costituendo il compagno ideale di una profonda meditazione. I ritmi rilassati e intensi dell’espansione spirituale sembrano alimentare anche i metodi di produzione del Ron Barcelò che assumono tratti quasi rituali con una distillazione di almeno 18 mesi in botti di rovere americano del Kentucky. Il colore ambrato del Ron Barcelò e l’aroma di qualità gli sono valsi la certificazione ISO proiettandolo tra i migliori rum al mondo.

 

 

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